La Battaglia dei Corni di Hattin

Tiberiade, 3-4 luglio 1187

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  1. Anderx_man
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    La Battaglia dei Corni di Hattin








    Ricostruzione degli eventi






    L'inizio degli Scontri

    E' il 30 giugno dell'Anno del Signore 1187, quando Salah al-Din Yusuf ibn Ayyub, Sultano d'Egitto, Siria e Hijaz, attraversa il fiume Giordano con il suo grande esercito di turchi, siriani, curdi, mam'luk ed egiziani. Si dirige verso la città fortificata di Tiberiade, sulle rive del Mare di Galilea, con l'intenzione di obbligare il nuovo Re di Gerusalemme, Guy De Lusignan, ad accorrere in aiuto del suo vassallo Raimondo, Conte di Tripoli e Principe di Galilea de jure uxorio (egli aveva infatti acquisito questa signoria dopo il matrimonio con Eschiva De Bures, erede del Principato).
    In realtà, Guy aveva emesso l'arrière-ban, il proclama di leva generale, già due mesi prima, sul finire di marzo, con l'obiettivo di assediare proprio Tiberiade. Quella doveva essere la giusta punizione per il ribelle Conte di Tripoli che, alla morte di Baldovino V, figlio della Regina Sibilla e di Guglielmo "Lungaspada" del Monferrato, si era rifiutato di accogliere il lusinate come Re, sostenendo che la successione sarebbe dovuta passare alla sorellastra di Sibilla, Isabella, e a suo marito, Umfredo di Toron. Abbandonato dagli altri nobili del Regno, Raimondo era tornato a Tripoli, da dove aveva poi stretto accordi di pace con Salah al-Din, consentendo alle sue truppe di attraversare le sue terre. *
    Tuttavia, la mediazione di Baliano di Ibelin aveva saldato la frattura interna allo schieramento cristiano e Raimondo, messo in allarme dalla forza dell'esercito nemico, aveva preferito fare atto di sottomissione al Re di Gerusalemme, portando i suoi cavalieri al campo di Guy presso le fonti di Sepphoris, dove si andava radunando l'esercito crociato. La decisione del Re di proclamare l'arrière-ban, mai presa in precedenza, aveva infatti consentito di riunire la più grande armata mai vista fra le forze dell'Outremer latino. Le guarnigioni di città e fortezze vennero ridotte all'osso, furono richiamati dai porti lungo la costa i marinai pisani, genovesi e veneziani e si decise perfino di armare i molti gruppi di pellegrini che in quel momento visitavano la Città Santa, dando loro spada e scudo. Il denaro di Enrico II di Inghilterra, che il Re Inglese aveva dato come riparazione per l'uccisione dell'arcivescovo Thomas Beckett, servì ad arruolare quanti più mercenari possibile.
    Queste misure straordinarie avevano permesso di radunare una forza di circa 15-18000 fanti, con 4000 fra turcopoli e cavalieri armati alla leggera, mentre la cavalleria pesante ammontava a 1200 uomini, in gran parte forniti dagli ordini dei Templari e degli Ospitalieri. Un simile schieramento, se da un lato nasceva dalla necessità di opporsi alle ingenti forze di Salah al-Din, che disponeva di non meno di 30000 cavalieri, dall'altro metteva strategicamente in ginocchio il sistema difensivo del Regno, che, nel caso di una sconfitta, correva il serissimo pericolo di cadere in mani musulmane.

    Il primo giorno di luglio Salah al-Din, fatto accampare il grosso delle sue forze presso il villaggio di Kafr Sabt, a metà strada fra il campo crociato e Tiberiade, si spinge con la sua guardia fino a Sepphoris, sperando così di costringere Guy ad andargli incontro. Tuttavia il Re, probabilmente consigliato da Raimondo di Tripoli, che conosce il terreno e le difficoltà a cui potrebbe andare incontro l'avanzata cociata, non si muove.
    Il giorno successivo, allora, il Sultano ordina all'amir Taqi al-Din, suo cugino, di stringere l'assedio contro Tiberiade, difesa da Eschiva De Bures, moglie di Raimondo, con una piccola guarnigione. Al comando della guardia personale di Salah al-Din, le "fiaccole dell'Islam", l'amir impiega meno di un giorno per superare le mura: al tramonto la città bassa cade e i difensori si asserragliano nella cittadella. Intanto, a Sepphoris, Guy ed i nobili del Regno tengono consiglio sul da farsi: Raimondo, spalleggiato da Baliano di Ibelin e da altri poulains, vorrebbe mantenere la posizione, ma è tacciato di tradimento e codardia dal Gran Maestro dei Templari, Gèrard De Ridefort, da cui lo dividono vecchi rancori, mentre Renaud De Chatillon, Signore di Outrejordan, incita il Re ad attaccare. L'incerta situazione viene risolta dall'arrivo di un messaggero: l'uomo annuncia a Raimondo che Tiberiade è ormai stretta d'assedio. Ora sono in molti a dichiararsi a favore di una marcia verso la città assediata, compresi Guy e i figli di primo letto di Eschiva De Bures, ma le parole del Conte di Tripoli, che si dice disposto a perdere ogni cosa pur di non rischiare il Regno rispondendo alla sfida di Salah al-Din, impressionano profondamente gli animi. Quando, verso mezzanotte, il consiglio lascia la tenda di Guy, si è ormai deciso di restare a Sepphoris.

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    * Questa situazione porterà poi alla Battaglia delle sorgenti di Cresson, dove un'ambascieria di Guy, scortata da Templari e Ospitalieri, coi rispettivi Gran Maestri, verrà distrutta da un grosso contingente di mam'luk.


    L'avanzata Crociata (3 luglio)

    Durante la notte, però, Gèrard De Ridefort si introduce nella tenda del Re e torna a far valere le proprie ragioni. Ricorda a Guy come, quando in precedenza (nel 1183) ha dato ascolto ai consigli di Raimondo, la situzione si sia rivolta contro di lui, facendogli perdere la reggenza proprio a favore del Conte di Tripoli. Inoltre, accusa di nuovo il Conte di tradimento, in ragione del suo recente patto co Salah al-Din. L'animosità del Gran Maestro del Tempio è tale che le sue argomentazioni, per quanto distorte dal risentimento personale verso Raimondo, fanno breccia. Guy, dimostrandosi una volta di più un sovrano inadeguato ed un uomo privo di forza di volontà, si lascia trascinare dalle folli parole del Gran Maestro, convinto che nulla, nemmeno la cautela dei poulains, possa frapporsi fra l'esercito di Dio e la vittoria.
    All'alba del 3 luglio, le trombe di Guy chiamano a raccolta fanti e cavalieri, mentre il Re mette a parte i suoi vassalli della sua decisione di marciare in aiuto della città circondata. Raimondo di Tripoli è esterrefatto; implora il lusinate di riflettere, di non rischiare Gerusalemme per rispondere a Salah al-Din, di non inseguire vani sogni di gloria e di vittoria. E' tutto inutile: Guy si è dichiarato, non può cedere davanti alle suppliche del Conte, suo vecchio avversario per il controllo del Regno. Forse, alla luce del sole, i consigli di Gèrard De Ridefort sembrano meno buoni di quanto non fossero semrati la notte precedente, ma il Re non ha vie d'uscita: l'ordine è stato dato, e tornare sui propri passi non farebbe che minare pericolosamente il poco prestigio e autorità di cui ancora gode. Con l'arroganza tipica dei deboli e l'aiuto di Renaud De Chatillon, uno degli uomini più rozzi e sanguinari che l'Oriente latino abbia mai conosciuto, chiude la bocca a Raimondo ed ai poulains.

    L'esercito di Gerusalemme si schiera in formazione di marcia, in tre tronconi, con la fanteria stretta a quadrato attorno alla cavalleria pesante, per proteggere i cavalli e chi li monta dalle salve di frecce della cavalleria araba. A questo punto Raimondo, forte del diritto feudale, che consegna al vassallo attaccato la testa dell'esercito, ottiene la guida dell'avanguardia, probabilmente nella speranza di ridurre il più possibile i danni dell'avventata decisione di Guy. Il Re, accompagnato dai vescovi di Lydda e Acri con la reliquia della Vera Croce, si mette alla testa del grosso delle truppe, affidando a Baliano di Ibelin la retroguardia, composta soprattutto dai cavalieri dei due Ordini.
    Guy, convinto di poter arrivare a Tiberiade, e quindi alle riserve d'acqua del Mare di Galilea, prima che cali la sera, non si preoccupa di far rimpolpare le scorte, e abbandona i carri cisterna, temendo che possano rallentarlo. Questa decisione, unita alla calura e al sole ardente dell'estate di Galilea, avrà un impatto devastante sull'andamento della battaglia.
    Con la cavalleria leggera crociata bloccata all'interno dei quadrati della fanteria, le poche pattuglie di turcopoli che fiancheggiano le tre formazioni non sono sufficienti per contrastare le incursioni della cavalleria di Salah al-Din. Bersagliati dalle freccie, in mezzo alla polvere di questa zona semidesertica di una regione altrimenti fertile, costretti ad indossare le pesanti armature sotto l'implacabile sole estivo, fanti e cavalieri cominciano a soffrire la sete e la terribile arsura.















    .....in prosecuzione....

    Edited by Anderx_man - 6/11/2015, 22:59
     
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